Giuseppe Marchetti Tricamo Sciabica

Quando la luce lasciava spazio all’ombra. Compariva un cavaliere. Verso il palmeto. Una sagoma nera, in fondo alla striscia di polvere e di ghiaia, che partiva dai ruderi dei cantieri di Casebasse e riportava la mente alle porte del deserto, alle strade che conducono con le loro leggende di sultani e con le storie di battaglie di guerrieri berberi ai villaggi intorno a Marrakesh. Un cavaliere brutto di faccia, di occhi e di capelli, alto, deciso, vestito di nero e oro fastoso. Uno zingaro, dicevano, strano, misterioso.

Per raccontare un luogo è necessario conoscere la sua gente. Sciabica. Storia siciliana di vizi, virtù, trappole, passioni e disincanti narra la storia di don Pietro de Guevara attraverso gli occhi del nipote Filippo nella Messina del secondo dopoguerra e ci svela, con uno sguardo profondo e partecipe, cosa significa essere siciliani, cosa significa vivere immersi nel profumo di zagara, sferzati dallo scirocco e acquietati dal suono delle onde del mare. Il pensiero della propria terra accompagna l'intera narrazione e ritorna ad accoglier eil destino immutato di chi vi appartiene. Sullo sfondo di un enigma elegantemente costurito Giuseppe Marchetti Tricamo restiuisce le emozioni di una storia famigliare che accoglie in sé la metafora di sentirsi parte di una terra, la Sicilia, la cui traccia rimane indelebile nelle parole, nei gesti e sul viso della sua gente.

In Sicilia. A Messina. Sulla strada del Faro. In Riviera Paradiso. In riva allo Stretto. A villa Belviso. nella torretta di grecale. Sotto il pergolato. Immerso nel profumo intenso dei gelsomini. Don Pietro seguiva in lontananza, quel tratto di mare...